1. Forza funzionale nel calcio

    13 novembre 2022 by Emiliano Adinolfi

    La forza muscolare nello sport è intesa come la capacità di vincere o di opporsi ad una resistenza esterna.
    Ma perchè è così importante l’allenamento della forza nel gioco del calcio?
    I motivi sono molteplici, ma di seguito ci focalizzeremo su tre presupposti fondamentali:

    1. Incrementare le proprie capacità di prestazione; come ad esempio aumentare la forza nel salto, nel calcio, nel lancio e soprattutto nell’accelerazione.
    2. La profilassi degli infortuni
    3. Il trattamento della postura

    La forza muscolare deve essere considerata come un’abilità, che per essere migliorata deve chiaramente essere soprattutto allenata.Per far ciò, bisogna focalizzarsi sulla quantità di tempo reale dedicata all’allenamento di quest’ultima, durante le nostre sessioni.
    Nel tempo si è passati dall’utilizzo sfrenato delle macchine di muscolazione (dove si ricercava l’isolamento muscolare per poter potenziare ogni singolo muscolo), al solo lavoro in campo con il pallone. Ci sono state però nuove validazioni scientifiche, che hanno consentito il passaggio dai lavori a contrazioni eccentriche, concentriche e isometriche, a macchine isoinerziali o con resistenza auxotonica. Tutto molto utile e “funzionale”, ai fini dell’adattamento muscolare.

     

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    In questo approfondimento ci soffermeremo dunque, sul significato di allenamento funzionale e di conseguenza di forza funzionale nel calcio, dove quest’ultima non si manifesta in forma pura, ma è associata ad altri fattori condizionali, organico-muscolare e coordinativi della performance.

    Definizione di functional training

    Secondo l’American Council on Exercise, per allenamento funzionale si intende un insieme di movimenti integrati multiplanari, che coinvolgono l’accelerazione (produzione di forza), la decelerazione (riduzioni di forza) e la stabilizzazione delle articolazioni, con la finalità di migliorarne l’abilità dei movimenti, la forza dei muscoli stabilizzatori del tronco e l’efficienza neuromuscolare.

    Il corpo umano non è costituito da unità a sé stanti indipendenti tra loro, ma da sistemi che interagiscono continuamente per poter ottimizzare e garantire il movimento in maniera produttiva, sia in termini di sicurezza che di efficacia. Quindi questa tipologia di allenamento, coinvolge intere catene muscolari e non singoli gruppi, stimolandone dunque il controllo del corpo.

    Per quanto riguarda il calcio, l’allenamento funzionale ha un ampio campo di applicazione. Il suo fine è quello di massimizzare la performance di forza, focalizzandosi nello stesso tempo su equilibrio, simmetrie, flessibilità e core stability. È fondamentale dunque allenare il movimento piuttosto che il singolo muscolo.

     

    La forza nel calcio si esprime in diverse forme specifiche, come ad esempio le accelerazioni seguite da cambi di direzione o arresti, dagli stacchi di testa e dai contrasti. Sono tutti stimoli che influenzano l’economia di corsa e la stabilità dell’atleta, ma soprattutto ne influenzano il gesto tecnico.

    A mio avviso è dunque corretto lavorare sempre su tali stimoli, affinché si possa arrivare ad un miglioramento delle espressioni di forza non solo mediante allenamenti funzionali. Il consiglio è quello di non limitare i nostri atleti a situazioni create in maniera improvvisata, ma di portarli verso comportamenti dettati dal contesto di gioco, in modo tale che in gara la risposta muscolare all’imprevedibilità dei nostri atleti risulti più veloce, funzionale e repentina possibile.

    fonte football player functional training calcio


  2. Il match analyst nel calcio moderno

    29 agosto 2020 by Emiliano Adinolfi
    Nella realtà in cui viviamo la tecnologia la fa da padrone, basti pensare a quanti bambini al giorno d’oggi utilizzano cellulari e tablet in maniera assolutamente disinvolta. Questo aspetto non sfugge al mondo dello sport in generale ne tantomeno a a quello del Futsal. Siti internet dedicati, canali tematici, video di sedute di allenamento, video di esercitazioni; la tecnologia irrompe sempre più nello sport e nella gestione di un gruppo sportivo; sempre più spesso all’interno degli staff tecnici si sente parlare della figura del Match Analyst. Ma chi è, e cosa fa realmente?

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    LA FIGURA DEL MATCH ANALYST
    Prima di tutto è necessario precisare che si tratta di un collaboratore, un membro dello staff tecnico a tutti gli effetti, che ha il compito di osservare e analizzare tutte le attività che riguardano la vita della propria squadra. Pertanto parliamo di gare degli avversari, oltre a gare proprie e allenamenti della propria squadra.

    Una caratteristica fondamentale del video analista è l’oggettività dell’analisi. Ebbene si, perché rispetto a quella del tecnico che è emotiva e vissuta da una visuale poco privilegiata com’è quella dal campo (spesso anche grandi allenatori hanno ammesso a fine gara di aver perso alcuni passaggi importanti della stessa), quella dell’analista video è oggettiva in quanto il suo compito è registrare e analizzare ciò che vede da una visuale spesso privilegiata e lontano dallo stress e dalla tensione che si vive nel rettangolo di gioco. “Il match analyst è come il radiologo: ti dice quello che hai di rotto, ma non opera” .

    IL RUOLO NELLO STAFF
    Di loro si parla sempre poco, ma sono presenti in ogni staff che si rispetti. Il ruolo del Match Analyst all’interno è infatti importante allo stesso tempo molto delicato.

    Questa figura ha il compito di fornire in maniera continuativa informazioni allo staff ai fini di una corretta valutazione delle prestazioni della squadra. Per questo motivo è sempre al lavoro ed è sempre disponibile a fornire il materiale visionato ai diretti interessati.

    Spesso è anche colui che, meglio degli altri appartenenti allo staff, ha la percezione della validità o meno della prestazione in maniera immediata. Allo stesso tempo però è costretto molte volte a mostrare ai tecnici cose negative e per questo motivo è importante la sua oggettività nell’analisi e soprattutto la capacità di rispettare i ruoli all’interno di un gruppo di lavoro. La sua deve essere un’analisi da fornire ai tecnici che sono invece i responsabili tecnici con il compito di valutare e scegliere le linee programmatiche da seguire.

    LE COMPETENZE DEL VIDEO ANALYST
    Il video analista deve unire competenze informatiche a competenze tecniche. Competenze informatiche legate ovviamente all’utilizzo di tutti gli strumenti necessari a svolgere l’attività di video analisi e quindi utilizzo del pc, gestione file di diversa natura, utilizzo e gestione videocamere, utilizzo programmi dedicati, connessioni internet,etc etc. Competenze tecnico-tattiche della disciplina per poter soddisfare le richieste dello staff tecnico e dell’allenatore in particolare modo e soprattutto per avere gli elementi per analizzare il materiale che dovrà accuratamente lavorare. Ovviamente non si può pensare di analizzare e presentare un prodotto al tecnico senza conoscere in generale gli aspetti del gioco e poi nello specifico la richiesta tecnico-tattica del tecnico stesso.
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    LE DIVERSE FORME DI VIDEO ANALISI
    L’attività potremmo dividerla in quattro parti:

    1. Analisi Allenamenti

    2. Analisi Gara

    3. Analisi Avversari

    4. Scouting

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    1. Analisi Allenamenti

    Con la ripresa e l’analisi dell’allenamento si tenta di monitorare l’acquisizione da parte della squadra dei principi tecnico-tattici imposti dall’allenatore oltre che valutare le prestazioni dei singoli giocatori. Inoltre la video analisi delle sedute di allenamento è anche un’ottimo strumento di valutazione delle esercitazioni proposte per valutarne l’efficacia rispetto agli obiettivi per cui era stata creata.

    2. Analisi Gara
    Parliamo dell’analisi della gara appena disputata. In generale si analizzano le fasi del gioco unitamente alle situazioni speciali del gioco stesso. Si analizza la propria prestazione , si cerca di riscontrare se la squadra ha seguito i principi generali del gioco oltre che quelli specifici dettati dall’analisi dell’avversario lavorati nella settimana precedente alla gara. La video analisi della propria gara andrebbe fatta in diretta in modo da poter fornire già a fine incontro allo staff la possibilità di rivedere e analizzare la gara con l’obiettivo di mostrare ai giocatori aspetti positivi e negativi dell’evento stesso alla ripresa del lavoro.

    3. Analisi Avversari
    Analizzare un determinato numero di gare dei prossimi avversari è uno strumento fondamentale per poter preparare la settimana di lavoro che porta alla gara. Solitamente si sceglie un numero di gare tali da poter catalogare determinati aspetti del gioco come costanti di una squadra(si tende a valutare da 3 a 5 un numero equo di gare da analizzare).
    L’analisi generale dell’avversario viene fornita allo staff tecnico e in particolare all’allenatore in seconda che ha il compito di analizzarla e selezionare il materiale da fornire al tecnico. Quest ultimo effettuerà l’ultima selezione che sarà poi quella che darà vita al videoclip che verrà mostrato alla squadra con le caratteristiche della compagine che si andrà ad affrontare.
    Solitamente le clip che si presentano alla squadra non superano i 10-15 minuti per evitare di perdere la concentrazione negli interlocutori.

    4. Scouting
    Un altro elemento fondamentale è quello dello Scouting. La maggior parte dei software di videoanalisi sono creati anche per generare statistiche a fine evento; in questo modo abbiamo la possibilità di analizzare dei veri e propri dati tramite i tagli video degli stessi. Questo perché i dati sono utili ma vanno interpretati e contestualizzati all’interno della prestazione. Come per gli aspetti trattati in precedenza, l’attività di scouting viene effettuata su elementi del gioco che vengono considerati utili ai fini della prestazione generale e nello specifico ai fini dell’idea tecnico-tattica dell’allenatore.

    La Video Analisi  nel Futsal

    L’analisi di una partita di Futsal è molto complessa in quanto gli eventi cambiano rapidamente durante il gioco. Ma cosa viene analizzato precisamente in una gara?

    1. Fasi del gioco

    – Possesso

    – Non Possesso

    – Transizione

    Possesso:

    – Posizionale

    – Uscita dalla pressione (tutte quelle situazioni in cui ci si trova a dover uscire da una situazione di pressione avversaria con palla ferma. es rimessa dal fondo, rimessa da un fallo laterale molto vicino alla nostra area di rigore, punizione al limite della nostra area di rigore)

    Non Possesso:

    – Posizionale

    – Difesa in pressione (tutte le situazioni in cui proviamo a pressare l’avversario su palla

    ferma in zone prossime all’area di rigore avversaria)

    Transizioni:

    – Positive

    – Negative

    2. Situazioni

    Speciali

    – Portiere di movimento (5×4)

    – 4vs3

    3. Palle Inattive

    – Palle inattive (Calci d’angolo, falli laterali, punizioni)

    4. Scouting

    Gli elementi da analizzare ai fini dello Scouting sono scelti dall’allenatore rispetto a quello che ritiene opportuno evidenziare ai fini di una corretta valutazione della gara. Per esempio:

      • Tiri in porta (fuori dalla specchio, dentro lo specchio)
      • Palle perse
      • Palle recuperate
      • Efficacia transizioni
      • Efficacia tiri in porta
      • Reti (segnate e subite)
      • Efficienza palle inattive

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    Ad ogni modo possiamo concludere affermando che questa figura è fondamentale ai fini della preparazione alla competizione da parte di un gruppo sportivo.
    Quante più informazioni si hanno maggiore è la possibilità di ricerca una strategia adeguata all’evento e tanto più si ha la possibilità di poter soprattutto migliorare il proprio livello di prestazione sia collettivo che individuale.


  3. Arce, ufficiale: Emiliano Adinolfi è il nuovo allenatore

    4 luglio 2019 by Emiliano Adinolfi

    E’ arrivata l’ufficialità: Emiliano Adinolfi è il nuovo allenatore dell’ U.S.Arce.

    La società del Presidente Alessandro Marrocco, dopo l’addio di Stefano Campolo, approdato alla Vis Artena in Serie D, ha deciso di ripartire da una vecchia conoscenza; infatti Emiliano Adinolfi proprio due stagioni fa era riuscito nell’impresa di raggiungere una salvezza insperata proprio con la squadra gialloblu. Adinolfi l’anno scorso ha allenato il Roccasecca in Promozione, mentre in passato si era seduto anche sulla panchina del Morolo sempre in Eccellenza.Di seguito la nota stampa del club e il link della prima intervista da nuovo allentore dell’Arce:“l’Unione Sportiva Arce 1932, comunica che con decorrenza 01/07/2019, la conduzione tecnica della prima squadra, sarà affidata a Mister Emiliano Adinolfi”.


  4. Alimentazione per un calciatore

    13 giugno 2019 by Emiliano Adinolfi

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    Il momento è delicato. Già, non siamo davanti al più lieto degli incipit, semplicemente di mezzo c’è la realtà. Nuda e cruda. Perché in Serie A, e più in generale nel calcio italiano, qualcosa non funziona come dovrebbe. Questione di tattica e vittorie? Non proprio, anche se i risultati del campo sarebbero la logica conseguenza del tema che – per primi in Italia – abbiamo deciso di portare finalmente alla ribalta: ovvero quello dei troppi e ingiustificati infortuni nel nostro campionato.Nel frattempo, però, nell’ultima giornata di campionato altri giocatori sono usciti dal campo con problemi fisici: da De Rossi agli altri giallorossi Pellegrini e Strootman, passando per Borriello, Grassi, Kalinic, Belotti e infine El Shaarawy proprio qualche ora fa. Nel primo articolo avevamo spiegato come gli infortuni dipendono dai troppi chilometri percorsi dai giocatori rispetto alla biologia umana. In particolare la miglior performance, farà strano leggerlo, si ottiene con molte meno ore di allenamento e con una maggiore intensità e qualità. Il tutto seguito e accompagnato da un adeguato recupero. Una condizione praticamente impossibile in un calcio così ricco di impegni e in una cultura dove – sbagliando – si pensa che i risultati si ottengano solo col duro lavoro. E a proposito, a certificare il tutto abbiamo deciso di dare spazio a una testimonianza recente. Una posizione netta e presa direttamente da Coverciano, ovvero quella di Giorgio Chiellini: “Il calcio si sta evolvendo e si va ancora più forte di anni fa perché tutto si è livellato rispetto al passato. Gli infortuni sono una conseguenza. I grandi capi decideranno cosa fare, ma si sta giocando un po’ troppo”. Ma se giocare è giustamente obbligatorio, la stessa affermazione non si può fare per gli allenamenti in settimana, troppo pesanti e inutili ai fini della perfetta forma fisica. E oggi, per andare ancora più nel dettaglio, abbiamo deciso di trattare il tema dell’alimentazione ideale per un calciatore. Attenzione, nessuna dieta e nessun regime da inventare, semplicemente in tavola scende lo stile più naturale e congeniale al genoma dell’essere umano. Scopriamolo assieme.

    con noi ha deciso di partecipare anche Claudio Tozzi, il più grande esperto di preparazione atletica sulla forza in Italia e autore di BIIOSystem, libro bestseller sull’allenamento. Tra gli allievi di Tozzi, oltre a numerosi sportivi, c’è stato anche Tiberio Ancora: attuale consultant personal trainer/nutritionist del Chelsea e uomo fidato di Antonio Conte. Non proprio un allenatore e una squadra a caso, perché il modello di allenamento Blues è uno dei pochi ad avvicinarsi alla perfezione. Come? Allenando in maniera accorta e senza sottovalutare nessun aspetto. Dal riposo, complice anche il sistema della Premier League che lascia alle squadre due giorni ‘off’, all’alimentazione. Inevitabile, dunque, partire con la più classica delle domande in materia: Claudio, ma è ma è vero che senza pane e pasta non si avrebbe l’energia per i 90 minuti? “Per rispondere voglio fare una premessa doverosa, quella relativa al valore e all’incremento del VO2max, ovvero il massimo volume di ossigeno consumato per minuto. Una misura globale integrata della massima intensità di esercizio che un soggetto può tollerare per periodi di tempo abbastanza lunghi. Un parametro biologico che esprime il volume massimo di ossigeno che un essere umano può consumare nell’unità di tempo per la contrazione muscolare. In breve, più questo valore è alto nello sportivo, più l’atleta resiste alla fatica e ha maggior grado di resistenza. Attenzione però, è provato che l’allenamento può essere un fattore migliorativo solo in piccola parte”. E allora qual’è l’altro fattore determinante? “L’alimentazione.Infatti è stato scoperto come nelle popolazioni e nelle persone che non mangiano cereali (pasta in particolare, pane e farinacei contenenti glutine), zuccheri, legumi e latticini il VO2max può aumentare addirittura del 20/30/40%, il tutto a parità di allenamento, o addirittura senza fare attività fisica. Questo senza che ci sia una differenza o un maggior stimolo muscolare. Semplicemente mangiando. Questo valore più è alto e più l’atleta avrà una prestazione forte e sana. Ovviamente un più alto livello basale di VO2max è dettato dalla genetica, ma con l’allenamento (quello giusto, pesante ma con molto riposo) allora si può alzare la soglia“. E allora qual è, nel calcio, la miscela ideale tra dieta e riposo per incrementare questo valore e rendere più performante un giocatore? “Si dovrebbe prevedere almeno 2 volte a settimana di riposo totale, di stacco anche dal campo di allenamento. Non è fantascienza, è roba che fanno già in Premier League, dove guarda caso le squadre hanno meno infortuni e corrono senza sosta per tutti i 90 minuti. L’ossigeno dà la prestazione e resistenza alla fatica, e se il suo valore scende allora il muscolo va in crisi, s’indebolisce e aumenta la probabilità di infortuni, crampi e stanchezza. Il corpo quando ha una maggiore quantità di ossigeno ti dà più resistenza alla fatica, e questo – oltre al talento – è quello che fa la differenza tra un campione e un giocatore normale”. Ma quindi si può ottenere energia senza pasta e i soliti carboidrati?“Assolutamente sì. Gli alimenti acidi (soprattutto la pasta, magari ancor più acidificata dalla classica passata di pomodoro) e gli zuccheri indeboliscono i muscoli, riducono e alterando i processi di ossigenazione. Non solo, cibi acidi e con glutine (in particole nei soggetti intolleranti/sensibili al glutine e non solo) possono rilasciare una proteina (la Zonulina) che rompere le “giunzioni serrate” nel rivestimento intestinale, creando un intestino permeabile: favorendo l’insorgere di affaticamento cronico e bloccando il passaggio dei nutrimenti buoni ai muscoli. Aumentando quindi la possibilità di infortunarsi“.

    Questa scoperta è dimostrata dagli studi del ricercatore italiano Alessio Fasano dell’università di Baltimora Ma allora – per esempio – la classica ‘crostata con la marmellata’ prima della partita può inficiare sulla prestazione? “Certo. Anzitutto è una sostanza acida e con glutine (proprio come la pasta), e quindi interferisce sul valore di ossigeno nel corpo e aumenta la probabilità di debolezza. Aumentare il grado di assunzione di zucchero vuol dire che nella prestazione il corpo umano comincia ad utilizzarli come carburante preferito a discapito dei grassi. Ma il glicogeno intramuscolare, cioè la quantità di zucchero che puoi immagazzinare nel fegato nei muscoli, ben che vada non dura più di un’ora. Motivo per cui la maggior parte delle squadre cala dopo il 60’’ del secondo tempo. Col passare dei minuti il corpo dovrebbe andare avanti utilizzando grassi e proteine, ma siccome durante l’anno l’atleta ha mangiato prevalentemente zucchero e cibi acidi non ha grassi sufficienti e crolla in bambola perché li ha consumati in poco tempo”. E quindi, cosa si dovrebbe mangiare? “Beh, in Italia forse è tabù dichiarare quanto segue: ovvero che le proteine e i grassi dovrebbero essere gli alimenti prevalenti nella dieta di uno sportivo e non solo, eliminando così pasta, pane farine e latticini. Semplicemente mangiando e sostituendoli col cibo che l’uomo è abituato a reperire da sempre: frutta (zuccheri comunque ricchi di minerali e con effetto alcalinizzante, non acido ma basico), carne, pesce, uova e proteine. Magari può essere buona cosa utilizzare gli zuccheri entro un’ora dalla fine della partita, con l’obiettivo di ricaricare il glicogeno perso durante la gara. Zuccheri con proteine però, dalle banane e le patate al pollo e il pesce. Oppure il riso, un carboidrato quanto meno privo di glutine. Un po’ come ha fatto Conte dalla Nazionale al Chelsea, eliminando glutine e zuccheri, aumentando così il livello di ossigeno (maggiori prestazioni e diminuendo gli infortuni). Questi alimenti naturali la natura ce li offre da sempre, soltanto negli ultimi 10.000 anni l’ uomo ha introdotto l’ agricoltura (per motivi non ancora ben chiari) che ha portato all’ utilizzo anche di “nuovi cibi” come i cereali, i legumi, latte e derivati, mai ingeriti in precedenza da nessun essere umano. Certo, per riconfigurare i nostri geni sui nuovi alimenti il nostro organismo dovrebbe farcela in almeno 20.000/30.000 anni, ma ci sarebbe un piccolissimo problema: ne sono passati “solo” 10.000…”. La dieta della Nazionale di Conte e dei Blues quindi privilegia l’asse proteine della carne – zuccheri della frutta e lascia in panchina i carboidrati forniti dal pane e dalla pasta. Niente abbuffate, ma tanti piccoli pasti durante la giornata. Emblematico, inoltre, il caso del giocatore della Germania e dello Schalke 04 Leon Goretzka, che in passato ha dovuto saltare molte partite per infortunio. Di recente però, seguendo una dieta priva di glutine, latticini, carne di maiale e noccioline, ha giocato quasi tutte le partite.

    Ovvio, il talento, la tattica e la motivazioni sono alla base per vincere, ma sicuramente cercando di cambiare o quantomeno approfondire l’aspetto dell’alimentazione e del recupero si potrebbero prevenire la maggior parte degli infortuni e dei cali fisici durante le partite. Cibo e riposo. E di modelli buoni ce ne sono, dal Chelsea di Conte fino al Barcellona degli ultimi anni: una squadra che addirittura non faceva la preparazione pre campionato. Sì, nella prossima pubblicazione scopriremo il metodo di Seriul Lo, ex preparatore dei blaugrana e uomo fidato di Guardiola. E soprattutto parleremo anche di come gli infortuni siano Vitamina D correlati. Sì, questo argomento, praticamente sconosciuto, è sicuramente uno dei segreti per rinforzare in maniera naturale la salute di ossa e muscoli. “La Vitamina D, prodotta naturalmente dal sole, nei periodi invernali è in forte calo in tutti noi. La Sampdoria so per certo che integra ai propri giocatori dosi di Vitamina D, appunto per migliorare le performance e ridurre il rischio di infortuni. In particolare, gli studi dimostrano che un calciatore su tre ne è carente. Ma, sinceramente, penso quello della Samp sia un caso davvero raro”.Perché sì, il momento è delicato, ma forse ne potremo venire finalmente a capo. Magari in una Serie A con molti meno giocatori infortunati.


  5. Infortuni nel calcio

    30 maggio 2019 by Emiliano Adinolfi

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    Dalla carenza di Vitamina D a una cultura dell’alimentazione da cambiare, ecco l’intervista a Claudio Tozzi – esperto di preparazione atletica – per capire il motivo dei numerosi infortuni nel calcio italiano: “Farà strano leggerlo, ma la miglior performance si ottiene con molte meno ore di allenamento e con una maggiore intensità e recupero”

    Il momento è delicato. Già, non siamo davanti al più lieto degli incipit, semplicemente in Serie A, e più in generale nel calcio italiano, qualcosa non funziona come dovrebbe. Questione di tattica e vittorie? Non proprio, anche se i risultati del campo sarebbero la logica conseguenza del tema che abbiamo deciso di portare alla ribalta: ovvero quello dei troppi infortuni nel nostro campionato. Anche se, forse, come sosterrebbe la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, è soltanto colpa del caso. Della serie: ‘Siamo perseguitati dalla sfortuna. Forse dobbiamo lavorare di più…’. Abbiamo deciso di andare oltre, facendoci strada nel nostro viaggio grazie al migliore degli alleati: la biologia umana. Non solo, con noi ha deciso di partecipare anche Claudio Tozzi, il più grande esperto di preparazione atletica sulla forza in Italia e autore di BIIOSystem, libro bestseller sull’allenamento. Tra gli allievi di Tozzi, oltre a numerosi sportivi, c’è stato anche Tiberio Ancora: attuale Consultant Personal Trainer/Nutritionist del Chelsea e uomo fidato di Antonio Conte. Non proprio un allenatore e una squadra a caso, perché il modello di allenamento Blues è uno dei pochi ad avvicinarsi a quello che, sin dal Paleolitico, ci ha imposto madre natura.

    La sfortuna c’entra poco, molto poco
    Attenzione, meglio fare una premessa doverosa: la componente del caso a volte ci mette lo zampino. Roba imprevedibile. “Certo, quando l’avversario ti entra col piede a martello, quando sbatti la testa, allora lì c’è poco da fare. Ma questi sono da chiamare semplici incidenti di gioco, che tra l’altro capitano con meno frequenza nel corso di una stagione rispetto agli altri infortuni (dagli strappi ai crociati che saltano, passando per stiramenti e contusioni varie). Qui, invece, la componete della sfortuna non c’entra proprio nulla”, spiega Claudio Tozzi. Entriamo quindi nel dettaglio, dentro il nostro corpo: “Gli infortuni dipendono dai troppi chilometri percorsi dai giocatori rispetto alla biologia umana. In particolare la miglior performance, farà strano leggerlo, si ottiene con molte meno ore di allenamento e con una maggiore intensità e qualità. Il tutto seguito e accompagnato da un adeguato recupero e riposo”. Ed è proprio il concetto di riposo quello più trascurato.

    Con il corpo umano non si scherza
    Noi siamo delle creature intelligenti. E non è solo una questione di cervello e pensiero, ma anche motoria: “Sì, il nostro corpo ci dà sempre dei segnali. Dei campanelli di allarme”. Ok, ma il fisico di un calciatore di Serie A non dovrebbe essere sempre in forma, sempre ben allenato? “Già, è proprio qui che casca l’asino: ci insegnano, dalle facoltà di Scienze Motorie, che più ci alleniamo, più corriamo, più fatichiamo e più saremo performanti. In fondo tutta la Serie A fa così. Più lavori, meglio è, più correrai in settimana e meno infortuni avrai”. Beh, chiaro: “E invece no, ma non lo dice Claudio Tozzi, lo dice la biologia umana: il nostro corpo è un retaggio di milioni di anni di evoluzione in cui non ha mai corso tanto come i calciatori. Il nostro retaggio è fatto per raggiungere un massimo giornaliero di 10/15 chilometri al giorno, ma non di scatti, ma di camminata moderata. Questo per chiunque. E’ chiaro, poi, che ci sono delle persone con una maggiore resistenza delle altre”. Ma nel concreto, l’evoluzione quanto e come ha sviluppato la forza e la capacità di resistenza alla sforzo dell’uomo? “A questo proposito faccio riferimento ad uno studio del 2013: ‘Gli atleti olimpici devono allenarsi come nel paleolitico?’ pubblicato sulla rivista “Sport Medicine” (agosto 2013) e redatto in collaborazione tra le Università di scienze motorie di Brasilia (Brasile), La Coruña/Vigo/Leoia (Spagna) e Santiago del Cile (Cile).

    Overtraining
    In pratica i ricercatori propongono il fatto che gli atleti sono tutti homo sapiens e suggeriscono che gli adattamenti dell’allenamento sono potenziati se lo stimolo è molto simile al modello di attività degli antenati umani”. E com’era questo stimolo? “Intenso e infrequente. Nello specifico è dimostrato che nel paleolitico l’uomo percorreva 10-15 km, con una stima di energia misurata di circa 3.000-5.000 kcal/giorno. Questo approccio è in accordo con recenti studi che hanno descritto un risultato migliore di allenamento nei soggetti che regolavano il loro carico di allenamento, a seconda dello stato del loro sistema nervoso autonomo”. Ma i nostri calciatori come si allenano? “Normalmente in una partita un giocatore di movimento compie circa 7-13 km a partita. Ma le squadre di serie A che fanno le coppe giocano anche tre partite a settimana, quindi un calciatore può fare 21-36 km a settimana, più tutti quelli percorsi in allenamento. In realtà non sarebbe nemmeno questo un gran problema, in quando all’epoca ci riposavamo per circa 7-15 giorni, il tempo di rigenerare mente, muscoli e articolazioni”. Già, ma al giorno d’oggi è tutta un’altra storia: “Nel calcio moderno sembra impossibile che ci si fermi forse anche solo per un giorno, figuriamoci una settimana o due. Nessuna squadra lo potrebbe fare, o forse sì se si allenasse principalmente col pallone. Provando tecnica, schemi, situazioni di gioco, tattica e posizioni in campo. Ah, c’è un altro concetto sottovalutato (nonostante sia di una banalità assurda): una partita di Serie A, ma anche di Terza Categoria come di Champions League, è già di per sé un allenamento. E anche bello intenso. Per questo è inspiegabile l’idea degli allenatori, in particolare dopo le sconfitte, di bacchettare i propri ragazzi con ulteriori sessioni fisiche”.

    Perché saltano tutti questi crociati?
    In effetti, alla luce della classica cultura del lavoro e del sudore, fa specie pensare al volume troppo alto di allenamento come principale causa degli infortuni sportivi. Tuttavia, oltre a quanto detto sopra riguardo la sentenza della biologia umana, è un attimo capire come un calciatore possa oltrepassare i propri limiti fisici: “Dal lavoro atletico giornaliero, magari in doppia seduta, contando le tre partite settimanali tra campionato-coppa europee-coppa italia-amichevoli è ovvio che i km percorsi, fatti in prevalenza di scatti, senza mai riposare, possano solo provocare affaticamenti e traumi”. Anzi, “l’infortunio è il modo del nostro organismo per dirci che ci stiamo allenando troppo. Non potendo dircelo a voce, ‘manda’ il dolore a qualche muscolo e/o articolazione a comunicarcelo, quasi a farci capire: “adesso ti faccio fermare per forza cosi non insisti a correre ancora”. Le sessioni quindi, soprattutto quelle a stagione in corso, non devono essere dure, ma semplicemente efficaci.

    L’esempio di Milik
    Di mezzo, certamente, ha un ruolo chiave la genetica e il fisico del giocatore in questione. Ultimo il caso di Milik, all’interno di un Napoli al primo posto in Europa nella classifica delle squadre con meno infortuni. E quindi Claudio, come si spiega il caso del polacco? “Milik avrebbe bisogno di un lavoro specifico, differente. Probabilmente i suoi muscoli andrebbero rinforzati, magari le sue articolazioni andrebbero studiate a fondo. Una squadra non è un esercito di soldatini. Tutti i giocatori, atleticamente parlando, si allenano allo stesso modo. Ci sono giocatori che nel corso di tutta la carriera non hanno mai avuto infortuni, altri che sono perseguitati. Muscoli deboli o deviazione della colonna vertebrale inficiano sull’angolo di appoggio delle ginocchia. Potrebbe essere il motivo dei problemi di Milik. O forse Arkadiusz è il ragazzo più sfortunato al mondo, ma non credo. Il ginocchio sta sotto la coscia, se quest’ultima non è abbastanza muscolosa non lo protegge”, spiega Claudio Tozzi. “E guarda caso i calciatori più muscolosi (con i quadricipiti possenti) sono quelli che subiscono meno traumi e infortuni”.
    Cosa andrebbe cambiato in Italia?
    Qualche concetto differente e chiarificatore, grazie al prezioso contributo di Claudio Tozzi, inizia ad emergere. Ovviamente il tutto certificato dalle prove della letteratura scientifica. Ma c’è di più. Insomma, è giusto tirare fuori qualche esempio concreto che si unisca a questa scuola di pensiero. In apertura vi abbiamo raccontato del modello Chelsea, guidato da Antonio Conte e preparato fisicamente da Tiberio Ancora (in seguito ne sveleremo i segreti nel dettaglio), ora però ci spostiamo in Spagna. In Liga, la terra del campionato più spettacolare al mondo. Dove la preparazione precampionato… non esiste. Sì, avete capito bene: non la fanno. Per credere, basta chiedere a Paco Seriul Lo – responsabile nell’era di Frank Rijkard della preparazione fisica del Barcellona e poi di quella di Guardiola al Bayern Monaco: “Ci sono molti miti per quanto riguarda la forma fisica del calcio. Uno è il riscaldamento; un altro il precampionato; il terzo, i pesi. Bene, sono per me tre questioni chiave. Ma il precampionato è il più grave. Penso che sia impossibile, in un mese, riempire il serbatoio di un giocatore per un’intera stagione. Impossibile. I preparatori, invece, continuano a puntare sull’importanza del precampionato dal punto di vista fisico. Fare allenamenti doppi e tripli per due settimane non è utile ai giocatori. La conseguenza è un affaticamento che pagheranno per le prime cinque partite di campionato, se sono fortunati. Per me è necessario prepararsi esclusivamente per la prima partita del campionato. Poi per la seconda … e così via. La preparazione fisica va fatta utilizzando il pallone da calcio. Ma parlare esclusivamente di preparazione fisica è un concetto sbagliato. La questione non è avere maggiore forza nelle gambe, ma adattare la forma fisica al gioco del calcio. Altrimenti si rischiano lesioni, dovute a una cattiva preparazione”. Quel Barcellona si divertì a vincere ogni trofeo immaginabile. Senza infortuni e con una forma fisica sempre perfetta. Dalla preparazione al riscaldamento: “Per noi il riscaldamento serve solo per entrare in contatto con i tuoi compagni e con l’ambiente. Questo è lo scopo principale del riscaldamento. Io ho visto mille volte disputare partite senza riscaldamento, senza che nessuno si facesse male. Giocare con il pallone, quindi, non è un problema”. Dal preparatore atletico del Barcellona alle leggende del campo. Scomodando un attimo Cruyff, che si riscaldava solo palleggiando. Oppure Maradona, memorabile la sua danza nel 1989 sulle note di Live is Life sparate a tutto volume nell’Olympiastadion di Monaco.

    Modelli funzionali
    E scattare un’istantanea su Maradona vale davvero la pena. Tralasciamo per un attimo il talento divino del Pibe de Oro, per caso ricordate le sue cosce? Enormi, grosse, tozze e muscolose. Semplicemente funzionali. Perfette per il calcio. Due gambe forti e dotate di quadricipiti massicci, utili a supportare qualsiasi movimento anomalo. Ed ecco la prova del nove: ricordate qualche infortunio grave occorso a Maradona nella sua carriera? Praticamente nessuno. Certo, il 24.09.1983 Andoni Goikoetxea Olaskoaga, difensore dell’Athletic Bilbao, gli entrò terribilmente sulla caviglia sinistra, causandogli la perdita del 30% della mobilità del piede mancino. Sì, questa è la proverbiale sfortuna. Quella che rischia di rovinare le carriere dei campioni. E guarda caso i calciatori più muscolosi (con i quadricipiti alla Maradona) sono quelli che subiscono meno traumi e infortuni. Esemplificativo il caso di Cristiano Ronaldo e del suo fisico statuario. Allenato, sì, ma tenuto spesso a riposo: “A Valdebebas Cristiano Ronaldo si immergeva nelle vasche di acqua ghiacciata alle tre del mattino, anche se c’era Irina (Irina Shayk, la sua ex fidanzata) a casa ad aspettarlo. La sua cura per il fisico è incredibile”. Queste furono le parole di Carlo Ancelotti, che con quel Real Madrid vinse tutto, seppur allenandosi meno del normale: “L’allenamento è importante, ma bisogna dosarlo bene. In Spagna si dice così: troppa acqua uccide la pianta. Ed è così anche per gli allenamenti. Ci si può allenare duramente, ma poi bisogna dare al corpo la possibilità e il tempo di recuperare. Io non sono un allenatore che uccide i giocatori durante gli allenamenti”.
    Realtà
    E invece no. Doppie sedute, pochissimi scarichi e tanta corsa, la Serie A è abituata a questo sistema. Da sempre. Per non parlare dei pesi, fondamentali per il potenziamento dei calciatori: “Che per essere efficaci devono essere pesanti, ma non vengono mai fatti per paura che i giocatori si facciano male: invece in Italia si prediligono gli estenuanti percorsi con i pesi leggeri, inutili al potenziamento muscolare. Ma questa è un altra storia e ne parleremo in un articolo a parte”. Perché con Claudio Tozzi, autore del libro più venduto in Italia legato alla preparazione nel mondo del fitness, di argomenti da trattare ce ne saranno ancora. E prima di arrivare al nostro modello, quello dell’Italiano vincente, quello di un Antonio Conte che grazie ad un’intelligente alimentazione e con l’aumento del riposo e la predilezione al pallone ha stupito ovunque, è giusto portare alla luce il metodo vincente di Guardiola. Ovvero lo stesso che Claudio Tozzi ci ha snocciolato in questo approfondimento. Esemplificative le parole di Rumeniggue quando visionò il primo allenamento del Bayern Monaco targato Pep: “Nessuna corsa continua, nessuna serie di 1.000 metri (esercitazione d’obbligo per la nostra Serie A, ma completamente inutili ai fini della preparazione di un giocatore di calcio), nessun circuito di sollevamento pesi, nessuna sessione atletica. La squadra svolgerà sempre tutti gli allenamenti nel campo da calcio e non vedrà mai le piste di atletica”. Ah, qualche settimana fa – dopo l’incidente di Aguero – Pep ha confermato il tutto: “L’infortunio di Aguero avvenuto nel giorno libero? Sinceramente penso che il giorno libero serva per essere felici – ha chiarito Guardiola -. Io voglio che i miei giocatori lo siano. Anch’io, che sono il manager, non amo gli allenamenti tutti i giorni perché penso che i calciatori abbiano bisogno di riposare sia fisicamente che mentalmente, in modo che possano anche godersi la loro vita. Io voglio che i miei giocatori si divertano, quindi se decidono di andare ad Amsterdam per me non c’è alcun problema”.

    L’alimentazione per non infortunarsi
    Una posizione netta e presa direttamente da Coverciano, ovvero quella di Giorgio Chiellini: “Il calcio si sta evolvendo e si va ancora più forte di anni fa perché tutto si è livellato rispetto al passato. Gli infortuni sono una conseguenza. I grandi capi decideranno cosa fare, ma si sta giocando un po’ troppo”. Ma se giocare è giustamente obbligatorio, la stessa affermazione non si può fare per gli allenamenti in settimana, troppo pesanti e inutili ai fini della perfetta forma fisica. E oggi, per andare ancora più nel dettaglio, abbiamo deciso di trattare il tema dell’alimentazione ideale per un calciatore. Attenzione, nessuna dieta e nessun regime da inventare, semplicemente in tavola scende lo stile più naturale e congeniale al genoma dell’essere umano. Scopriamolo assieme.
    Ci vuole un fisico…bestiale e alcalino
    Tra gli allievi di Tozzi, oltre a numerosi sportivi, c’è stato anche Tiberio Ancora: attuale preparatore atletico del Chelsea e uomo fidato di Antonio Conte. Non proprio un allenatore e una squadra a caso. Dal riposo, complice anche il sistema della Premier League che lascia alle squadre due giorni ‘off’, all’alimentazione. Inevitabile, dunque, partire con la più classica delle domande in materia: Claudio, ma è vero che senza pane e pasta non si avrebbe l’energia per i 90 minuti? “Per rispondere voglio fare una premessa doverosa, quella relativa al valore e all’incremento del VO2max, ovvero il massimo volume di ossigeno consumato per minuto. Una misura globale integrata della massima intensità di esercizio che un soggetto può tollerare per periodi di tempo abbastanza lunghi. Un parametro biologico che esprime il volume massimo di ossigeno che un essere umano può consumare nell’unità di tempo per la contrazione muscolare. In breve, più questo valore è alto nello sportivo, più l’atleta resiste alla fatica e ha maggior grado di resistenza. Attenzione però, è provato che l’allenamento può essere un fattore migliorativo solo in piccola parte”. E allora qual’è l’altro fattore determinante? “L’alimentazione. Infatti è stato scoperto come nelle popolazioni e nelle persone che non mangiano cereali (pasta in particolare, pane e farinacei contenenti glutine), zuccheri, legumi e latticini il VO2max può aumentare addirittura del 20/30/40%, il tutto a parità di allenamento, o addirittura senza fare attività fisica. Semplicemente mangiando. Questo valore più è alto e più l’atleta avrà una prestazione forte e sana. Ovviamente un più alto livello basale di VO2max è dettato dalla genetica, ma con l’allenamento (quello giusto, pesante ma con molto riposo) allora si può alzare la soglia”.

    Dieta Mediterranea? Un falso mito
    E allora qual è, nel calcio, la miscela ideale tra dieta e riposo per incrementare questo valore e rendere più performante un giocatore? “Si dovrebbe prevedere almeno 2 volte a settimana di riposo totale, di stacco anche dal campo di allenamento. Non è fantascienza, è roba che fanno già in Premier League, dove guarda caso le squadre hanno meno infortuni e corrono senza sosta per tutti i 90 minuti. L’ossigeno dà la prestazione e resistenza alla fatica, e se il suo valore scende allora il muscolo va in crisi, s’indebolisce e aumenta la probabilità di infortuni, crampi e stanchezza. Il corpo quando ha una maggiore quantità di ossigeno ti dà più resistenza alla fatica, e questo – oltre al talento – è quello che fa la differenza tra un campione e un giocatore normale”. Ma quindi si può ottenere energia senza pasta e i soliti carboidrati? “Assolutamente sì. Gli alimenti acidi (soprattutto la pasta, magari ancor più acidificata dalla classica passata di pomodoro) e gli zuccheri indeboliscono i muscoli, riducono e alterando i processi di ossigenazione. Non solo, cibi acidi e con glutine (in particole nei soggetti intolleranti/sensibili al glutine e non solo) possono rilasciare una proteina (la Zonulina) che rompere le “giunzioni serrate” nel rivestimento intestinale, creando un intestino permeabile: favorendo l’insorgere di affaticamento cronico e bloccando il passaggio dei nutrimenti buoni ai muscoli. Aumentando quindi la possibilità di infortunarsi”. Questa scoperta è dimostrata dagli studi del ricercatore italiano Alessio Fasano dell’università di Baltimora.

    Un’alimentazione sbagliata fa calare a metà partita
    Ma allora – per esempio – la classica ‘crostata con la marmellata’ prima della partita può inficiare sulla prestazione? “Certo. Anzitutto è una sostanza acida e con glutine (proprio come la pasta), e quindi interferisce sul valore di ossigeno nel corpo e aumenta la probabilità di debolezza. Aumentare il grado di assunzione di zucchero vuol dire che nella prestazione il corpo umano comincia ad utilizzarli come carburante preferito a discapito dei grassi. Ma il glicogeno intramuscolare, cioè la quantità di zucchero che puoi immagazzinare nel fegato e nei muscoli, ben che vada non dura più di un’ora. Motivo per cui la maggior parte delle squadre cala dopo il 60″ del secondo tempo. Col passare dei minuti il corpo dovrebbe andare avanti utilizzando grassi e proteine, ma siccome durante l’anno l’atleta ha mangiato prevalentemente zucchero e cibi acidi non ha grassi sufficienti e crolla in bambola perché li ha consumati in poco tempo”. E quindi, cosa si dovrebbe mangiare? “Beh, in Italia forse è tabù dichiarare quanto segue: ovvero che le proteine e i grassi dovrebbero essere gli alimenti prevalenti nella dieta di uno sportivo e non solo, eliminando così pasta, pane farine e latticini. Semplicemente mangiando e sostituendoli col cibo che l’uomo è abituato a reperire da sempre: frutta (zuccheri comunque ricchi di minerali e con effetto alcalinizzante, non acido ma basico), carne, pesce, uova e proteine. Magari può essere buona cosa utilizzare gli zuccheri entro un’ora dalla fine della partita, con l’obiettivo di ricaricare il glicogeno perso durante la gara. Zuccheri con proteine però, dalle banane e le patate al pollo e il pesce. Oppure il riso, un carboidrato quanto meno privo di glutine”.
    Il modello Conte
    Muscoli tonici, sani e riposati, dunque, abbiamo visto come siano il segreto per non subire rotture e traumi. Perché, come detto da Tozzi, l’infortunio è il modo in cui il nostro organismo ci dice che ci stiamo allenando troppo. Inoltre bisognerebbe cambiare qualcosa dal punto di vista alimentare. Un po’ come ha fatto Conte dalla Nazionale al Chelsea, eliminando glutine e zuccheri, aumentando così il livello di ossigeno (maggiori prestazioni e diminuendo gli infortuni). “Questi alimenti naturali la natura ce li offre da sempre, soltanto negli ultimi 10.000 anni l’uomo ha introdotto l’ agricoltura che ha portato all’ utilizzo anche di ‘nuovi cibi’ come i cereali, i legumi, latte e derivati, mai ingeriti in precedenza da nessun essere umano. Certo, per riconfigurare i nostri geni sui nuovi alimenti il nostro organismo dovrebbe farcela in almeno 20.000/30.000 anni, ma ci sarebbe un piccolissimo problema: ne sono passati ‘solo’ 10.000…”. Dalla Nazionale al Chelsea l’alimentazione di Conte privilegia l’asse proteine della carne-zuccheri della frutta e lascia in panchina i carboidrati forniti dal pane e dalla pasta (limitati nettamente). Niente abbuffate, ma tanti piccoli pasti durante la giornata. Emblematico, inoltre, il caso del giocatore della Germania e dello Schalke 04 Leon Goretzka, che in passato ha dovuto saltare molte partite per infortunio. Di recente però, seguendo una dieta priva di glutine, latticini, carne di maiale e noccioline, ha giocato quasi tutte le partite.
    Cibo e Vitamina D
    Ovvio, il talento, la tattica e la motivazioni sono alla base per vincere, ma sicuramente cercando di cambiare o quantomeno approfondire l’aspetto dell’alimentazione e del recupero si potrebbero prevenire la maggior parte degli infortuni e dei cali fisici durante le partite. Cibo e riposo. E di modelli buoni ce ne sono, dal Chelsea di Conte fino al Barcellona degli ultimi anni: una squadra che addirittura non faceva la preparazione pre campionato. Sì, nella prossima pubblicazione scopriremo il metodo di Seriul Lo, ex preparatore dei blaugrana e uomo fidato di Guardiola. E soprattutto parleremo anche di come gli infortuni siano Vitamina D correlati. Sì, questo argomento, praticamente sconosciuto, è sicuramente uno dei segreti per rinforzare in maniera naturale la salute di ossa e muscoli. “La Vitamina D, prodotta naturalmente dal sole, nei periodi invernali è in forte calo in tutti noi. La Sampdoria so per certo che integra ai propri giocatori dosi di Vitamina D, appunto per migliorare le performance e ridurre il rischio di infortuni. In particolare, gli studi dimostrano che un calciatore su tre ne è carente”. Insomma, c’è ancora tanto da approfondire, ma solo con lo studio e la ricerca delle naturali soluzioni per il corpo di un atleta si potrà ulteriormente migliorare. Perché sì, il momento è delicato, ma forse ne potremo venire finalmente a capo. Magari in una Serie A con molti meno giocatori infortunati.